Cresciamo, nonostante tutto. Incidiamo colline, anche montagne a volte, come fiordi ostinati, senza sapere verso dove.
Il mare, forse.
Sbuchiamo tra cubi di porfido indifferenti, pazienti, ci facciamo strada nei buchi del cemento per vedere in alto un marciapiede, o se va bene, una fetta di cielo tra i tetti.
Qualche ramo si incaglia e scorre sotterraneo, argilloso, nascosto, impermeabile a tutto, pericoloso. Qualche altro finisce nel nulla, si disperde, arena di fiume, e piano evapora umidità dispersa, diffusa, o si fa cristallo secco, calcareo.
C’è poi chi cresce e matura perfino. Prende spazio e luce e forza tra gli argini, trascina detriti e rami spezzati e bottiglie di plastica e fango e ciottoli di vetro colorato, e leviga i sassi e infine si perde nel mare. Poi forse si scioglie, forse rinasce.
La mia pianta di basilico dice che è autunno, fa freddo, o comunque non è stagione, e che lei non ce la fa più. Le foglie sempre più piccole, stentate, i rami sempre più legnosi, ingialliti.
Dice che lei veste solo foglie estive, verde basilico, fiori delicati, bianchi, e che ora usano altri colori.
Le sue ultime volontà sono dei piccoli semi neri. Li fa cadere, noncurante, rovesciando minuscoli calici verdi sulla mensola in cucina. Ma io so che ci tiene.
Devo pensarci anch’io, a lasciare qualcosa.
31 ottobre 2008 alle 19:15 |
eh, già,
gran belle parole per l’autunno,
mi vien in mente Montand mentre cantava les feuilles mortes qui se ramassent à la terre…
31 ottobre 2008 alle 19:45 |
bello…lettura commovente…fischia se sei brava 🙂
31 ottobre 2008 alle 20:28 |
Per adesso ci lasci le tue bellissime parole, la tua scrittura. Hai mai pensato di farne un libro, copertina color verde basilico? Io lo comprerei, senz’altro.
31 ottobre 2008 alle 21:42 |
si, lasciare qualcosa è un istinto direi primordiale, legato alla prosecuzione della specie e all’illusione della prosecuzione del sé (lo stesso istinto che ci fa guardare verso l’aldilà). Ma non sono (più) certo (come un tempo) che sia proprio indispensabile o che sia l’ennesima illusione.
beso
mp
1 novembre 2008 alle 01:16 |
@mp: non parlavo proprio di prosecuzione della specie come fa la mia piantina di basilico.
La penso come te, che non per tutti sia necessario, e che anzi sia possibile lasciare qualcosa di sé in altri modi.
Con un libro, per esempio, come dice Utxi, con la copertina verde basilico.
(io preferirei azzurra, o blu, comunque):))
grz a tutti.:)
1 novembre 2008 alle 11:48 |
Anche la mia piantina di basilico non ce la fa più. Mio padre dice di buttarla perché tanto non può superare l’inverno. Ma io non riesco a considerare una vita come una cosa morta di cui liberarsi. Non ancora. Spero mai!
1 novembre 2008 alle 13:06 |
eppure il senso intimo del nirvana e’ l’estinzione completa.
La non rintracciabilita’ e’ il mio sogno , e’ il percorso mai a ritroso.
Cancellare le tracce, non esserci mai stato, non sentirsi ancorato a nulla trovo che sia piu’ bello che lasciar segno.
Santo cielo, stavo pensando che dovrei mettere su un microscopio per riuscire a vedere dei semini di basilico.
Complimenti per la vista, oltre che per la scrittura.
1 novembre 2008 alle 15:30 |
@hetsc: anch’io non ci riesco. Spero che decida lei.
@ago: in realtà proprio oggi pensavo che devo tornare dall’oculista..
1 novembre 2008 alle 18:30 |
I mattini sono più miti di com’erano -Le noci stanno diventando marroni -La guancia della bacca è più paffuta
-La Rosa è fuori città.
-L’Acero indossa una sciarpa più gaia
-Il campo una veste scarlatta
-Per non essere fuori moda
Mi metterò un ciondolo.
Emily Dickinson
(Basta un ciondolo, per superare l’inverno…)
Giovanni
2 novembre 2008 alle 16:12 |
@Giovanni: bellissima. ma come te le ricordi?:)