A SCUOLA 3 – EMO

Ci sono delle mattine in cui entrando in classe mi viene solo da ridere e devo fare di tutto per trattenermi ed assumere un’aria professorale.
Allora mi siedo in cattedra, estraggo libri e fogli dallo zaino, fingo di cincischiare con il registro e con chissà quali appunti da prendere con la massima serietà, e solo dopo essermi ricomposta, riesco a guardare la mia classe.
Generalmente, anche se l’aula è di cinquanta metri quadri e i banchi a disposizione sono una trentina, gli studenti, i pochi studenti costretti a frequentare i corsi di recupero estivi, si sono tutti seduti nelle ultime due file.
Uno vicino all’altro, anche se davanti ci sono altri venti banchi a disposizione e fa un caldo infernale, come se da un cassetto della cattedra potessi improvvisamente estrarre un lanciafiamme o un machete e avventarmi su di loro.
Mi concentro a fare l’appello. Faccette da bambine con occhi bistrati di nero alla Sarah Bernhardt, ciuffi viola accuratamente lisciati e pettinati a nascondere un occhio (nero) (di trucco), capelli sparati in alto o in basso o di lato, scollature con tette strizzate e in bella vista da rinascimento veneziano, rotoloni di ciccia sfuggenti a magliette strizzatissime, pantacollant neri a buchi alla “stamattina alla fermata dell’autobus sono sfuggita all’assalto di un coguaro”, cappelli stile Monsieur Hulot calcati in testa, vocette da bambino con manone da uomo, o voci da uomo con gambette da bambino, catene e catenelle pendenti dai passanti dei jeans, sopracciglia depilate o rasoiate (per i ragazzi), anelli infilati nei nasi, nelle orecchie, nelle labbra, nelle lingue, magrezze anoressiche, e facce catatoniche.
Tutto il campionario “sono un adolescente” è lì, bello esposto, con una particolare predilezione per la cura e l’attenzione estrema all’acconciatura dei capelli.
Durante la lezione è tutto un lisciarsi il ciuffo, accomodarsi le estension, tirarsi i riccioli, farsi e disfarsi le code di cavallo, nascondersi dietro cortine pelose, abbassarsi la frangia sugli occhi.
Vien voglia di tirare fuori una forbice e fare dieci crape pelate.
“Dai, venite avanti. Che fate là in fondo?” butto li, uscendo da dietro la cattedra e avvicinandomi per mostrare loro che non sono armata.
“Senò per farmi sentire devo urlare e mi va via la voce. Dai, siate buoni.” mi invento. Mi guardano, si guardano, risatine, commenti e tentativi di protesta mentre soppesano la richiesta. Poi, cauti e circospetti si alzano, spostando sedie e banchi con la grazia di una mandria di bufali nella roboante acustica da aula scolastica, e facendo cadere di tutto: penne, libri, zaini, sedie, come se le misure e la posizione degli oggetti fosse qualcosa di sconosciuto, e si avventurano tra le prime file di banchi.
“Valentina e Francesco! Ma cos’avete stamattina?” intervengo alla decima interruzione provocata dai due che, a distanza di tre banchi l’uno dall’altro, parlano e ridacchiano. “Prof, ma lui mi dice cose oscene!” dice lei lamentosa. “Oddio, cose oscene? E cosa ti dice?” faccio io. “Mi dice che sono una emo.”  
Nell’intervallo raggiungo la emo sulla terrazza, mentre insieme ai compagni fuma una sigaretta dietro l’altra, e approfondisco:  “Perché Francesco ti dice che sei una emo?” chiedo, fingendo noncuranza, e fingendo di ignorare il ciuffo viola asimmetrico davanti agli occhi bistrati di Valentina. “Perché sono vestita e truccata così. Ma io non sono una vera emo, sono una poser.” “Cosa sei!?” Cavolo, questa non la sapevo. E dire che mi suona inglese questo poser. “Una poser”, fa lei, “cosa sei? cioè, cos’è una poser?” “insomma, mi vesto solo così, ma non faccio come gli emo, che si tagliano e poi che hanno tutta la loro filosofia. Sì, insomma, che sono tristi e pensano al suicidio.” “Ah ecco, tu non pensi al suicidio.” Faccio io sollevata. “No, io sono una poser. Mi vesto solo così, da emo, e al massimo ascolto la loro musica.”
“E com’è la musica emo?” chiedo, dal momento che io di musica non so un tubo. “Beh sono tanti gruppi,”e mi snocciola una serie di nomi mai sentiti, “sa, si rifanno ai Ramones.” “I Ramones? Ma i Ramones sono degli anni 70, o 80..” dico io cercando nella memoria come sfogliando uno schedario, in che epoca della mia vita capitava di sentire i Ramones, e arrivando ad un’improvvisa immagine del mio primo elettrizzante ma anche avvilente incontro nella metropolitana di Londra nell’85 con dei ragazzi punk trafitti da chiodi e spilloni, stracciati, disperati e colorati di blu, viola e verde acido: “Ma, i Ramones. Ma non erano punk? Ma che c’entrano i Ramones? ” “Eh, infatti,” fa la poser, “la musica emo si rifà alla musica punk.”
(continua)

9 Risposte to “A SCUOLA 3 – EMO”

  1. retorico Says:

    come mi sento vecchio….

    Chissá peró che soddisfazione, per te, saper scrivere correttamente Sarah Bernhardt.

  2. anonimo Says:

    Anche in classe mia ci stanno degli emo. E insoma, io ho fatto una cosa che un po’ mi vergogno, ma approfitto del tuo post per fare outing. Sono stato io (il prof) a scrivere sulla fronte di Bill dei Tokyio Hotel, su uno dei tanti poster che colorano l’aula, sono stato io, col pennarello nero, a scrivergli sulla fronte: “Sono uno stupido Emo”. Volevo vedere le reazioni. Niente, zero assoluto, manco un commento. Tutti poser.
    Giovanni

  3. dipocheparole Says:

    @retorico: tu che sei della sua epoca dovresti saperlo bene come si scrive Sara Bernàrt.
    @Giovanni: noooo! sei tu che non sai! i Tokyo Hotel non sono considerati veri emo. Loro sono i poser e i tuoi invece sono emo!:))

  4. anonimo Says:

    vabbè, so’ ragazzi…
    A roma a piazza del popolo c’è il luogo “prinicpe” degli emo, con tutto il panorama da te plasticamente evocato. Non sono felici, anche da quello che lasciano coi pennarelli sui marciapiedi e sugli scalini: non le ho mai fotografate perché sono cose totalmente vuote (come tutto il “movimento” emo, che è solo negativo. Meno male che l’istinto di sopravvivenza è spesso – spesso – più forte delle minchiate alla moda). Meglio i poser, che prima o poi si stufano!
    ciao Elena, ci fossero tanti professori come te che “ascoltano” i ragazzi e si interessano a loro come persone nella loro dimensione profonda! 🙂

    meditapartenze

  5. anonimo Says:

    sì sì, meno male che è una poser! Post molto bello. 🙂

  6. anonimo Says:

    Ah, ero io.
    s|a

    uffa ‘sto splinder e il suo maledetto “utente anonimo” 😉

  7. dipocheparole Says:

    @mp: grazie ma sono solo curiosa curiosa curiosa curiosa curiosa,,:))
    @s|a: sì meglio.:) ti si riconosce lo stesso se metti il link!

  8. anonimo Says:

    Che bel blog. L’ho scoperto questa sera per caso, davvero complimenti.

    PS – Per il commentantore #2: non dovevi scrivere “Sono uno stupido Emo”; dovevi scrivere “Sono uno stupido Poser”.

    Wallace Henry Hartley

  9. dipocheparole Says:

    Hallo Wallace. Welcome and Thank you:))
    Ho dovuto guardare su wikipedia chi diavolo tu fossi. Il direttore d’orchestra del Titanic! bella questa!

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